In Veneto Banca la disdetta del CIA, ma non solo, nasconde seri problemi
La contrattazione aziendale e gli accordi a latere di Veneto Banca Società Cooperativa sono stati disdettati come avvenuto solo in Monte Paschi di Siena o in Banca Popolare di Milano.
Ciò significa che unilateralmente la Banca, a decorrere dal 31 marzo 2013, non applicherà più o non darà corso all’applicazione di tutti gli istituti negoziali con l’esclusione, bontà loro, di Previdenza Complementare e Assistenza Sanitaria.
L’azienda scrive che il CIA scaduto “non è più in grado di offrire soluzioni adeguate e compatibili con l’attuale contesto economico e sociale.”. Ci viene da domandarci: compatibili e adeguate per chi?
Noi continuiamo a sostenere che il nostro C.I.A. sia oggi più che mai compatibile e adeguato a cominciare dagli inquadramenti, il VAP, il premio di fedeltà, il part-time, le regole sulla mobilità, i contributi per i figli (asilo nido, scuola materna, scuola elementare ecc. ecc.), la formazione e le pari opportunità, le molestie sessuali, fino alla Previdenza Complementare e all’Assistenza Sanitaria.
L’azienda ha voluto sferrare un vero e proprio attacco ai lavoratori, ai quali però non perde occasione per raccomandare “… di voler bene a questa banca …”.
Prima della disdetta, comunicataci il 31 dicembre 2012 insieme agli auguri di Buon Anno, alle ore 12.25 o giù di lì (tanto vale a mezzanotte con i botti di fine anno), l’azienda aveva provato a pretendere dalle Organizzazioni Sindacali la cancellazione del Premio di Fedeltà, con una formula che avrebbe fatto ricadere la responsabilità di questa decisione, assurda e gratuita, sulle spalle del Sindacato. Le OO.SS., sempre disponibili a un confronto al fine di ricercare soluzioni adeguate ai problemi, avrebbero voluto e vorrebbero che la banca, con estrema trasparenza, fosse disposta a un’analisi complessiva dei costi invece di concentrarsi su singoli istituti quali, ad esempio, il Premio di Fedeltà, facendo riferimento alla crisi in atto senza mai fornire dati ed elementi dettagliati e probatori. Con la sua cancellazione la banca metterebbe le mani su accantonamenti, soldi per i lavoratori, che a bilancio ammontano a circa 15 milioni di euro, facendo credere che quanto risparmiato sarebbe utilizzato per i “GIOVANI”, senza spiegare che, come sempre, a loro andrebbero solo le briciole. QUINDICI milioni risparmiati in cambio dell’aumento del buono pasto, per i neoassunti, da € 1,81 a € 5,29, con un costo complessivo annuo non superiore a 100 mila euro l’anno! Avete capito bene solo 100 mila euro l’anno contro 15 milioni senza oneri aggiuntivi e per questo dovremmo pure dovuto dire “SI’, GRAZIE”!
Allora a chi è destinata tutta questa ricchezza? Ai più esposti alla corrosione del salario? Ai più indifesi sul piano del welfare? NO! Si tratta di un’operazione volta esclusivamente a far apparire un bilancio migliore, più gratificante e consono alle aspettative dei soci!
A certe provocazioni non si può che rispondere con un deciso NO.
Le OO.SS., lo ribadiamo ancora una volta, sono sempre state disponibili a discutere, ma la banca non ha voluto prendere in considerazione nemmeno la proposta di “un cambio di destinazione d’uso” del premio di fedeltà, da effettuarsi in un contesto appropriato, nell’ambito di una delle prossime fusioni o del rinnovo del C.I.A.. Ha continuato a nascondersi dietro l’alibi dei colleghi più giovani, prima penalizzati da un accordo, sempre voluto dall’azienda, per dar corso ad assunzioni a minor costo, e poi difesi come a voler far credere che la vera paladina della difesa dei giovani e dell’occupazione sia la banca stessa. Quei giovani colleghi sono gli stessi ai quali la banca, nella recente trattativa circa l’accordo esodi che si è conclusa ad ottobre, ha negato l’applicazione del regime integrale della contrattazione fortemente richiesto dalle OO.SS.. Alla faccia dei paladini dei giovani e dell’occupazione.
Fortunatamente i colleghi non credono più alle favole e alle false promesse: ne hanno ascoltate troppe.
Vi ricordate un anno e mezzo fa? La banca aveva annunciato 400 assunzioni nel triennio 2011-2013 con l’apertura di 136 sportelli… Che cosa è stato realizzato di tutto ciò? E non si dica che è arrivata la crisi, perché la crisi è cominciata da molto prima, e se è cambiato qualche cosa, perché non siamo stati informati e coinvolto? Al Monte Paschi di Siena l’hanno fatto. Siamo forse nelle stesse condizioni di una banca a rischio default?
Le OO.SS. vogliono svolgere il proprio ruolo e questo alla nostra Banca forse non piace: viene considerato un problema piuttosto che un’opportunità. Vorrebbe agire indisturbata continuando a far lavorare i colleghi in filiali con organici sempre più ridotti, pretendendo che si lavori oltre il normale orario di lavoro, ma senza segnare gli straordinari, secondo i comandi del Datore di Lavoro, il quale chiede, con modalità diverse e discutibili di sorvolare sulla strumentazione di legge e contrattuale (MIFID) prevista per la collocazione dei prodotti finanziari (azioni e obbligazioni) sulla cui solidità avremmo delle considerazioni da fare. Con la stampa e i media ci si continua a vantare della sensibilità e attenzione nei confronti dei dipendenti e del territorio, oltre che dei lusinghieri risultati di bilancio e degli ottimi risultati economici, mentre la disdetta unilaterale della contrattazione di secondo livello crea molti dubbi e suona come una lezione che i lavoratori non si meritano.
Cosa nasconde un tale comportamento, questo tipo di scelta e volontà? Quale strategia persegue la Cooperativa Veneto Banca cancellando il premio e ricattando contemporaneamente i lavoratori e le loro Rappresentanze Sindacali, annunciando una disdetta di accordi frutto di lunghe e faticose trattative?
Alla Banca piace forse giocare a nascondino e non ha il coraggio di abbozzare nemmeno uno straccio di documento di Piano Industriale, dichiarando quello tuttora vigente ormai sospeso e non più attuabile. All’esterno deve apparire che va tutto bene e che piano industriale o squadra “che paga” non si cambiano.
Ma paga chi?
Non vorremmo cavalcare le mille voci sulla bocca di tutti nei corridoi di Via Feltrina e che qualche volta, uscite dal Centro Direzionale, finiscono anche sui giornali: voci che raccontano una realtà aziendale diversa e che potremmo ritenere veritiere anche perché, spesso, quando intercettate, provocano reazioni violente e qualche volta vendicative nei confronti di chi si pensa le abbia fatte circolare.
Cara azienda il Sindacato e i lavoratori che esso rappresenta non possono essere esclusi dalla vita aziendale.
Anche per questa banca non è possibile tirar dritti per la propria strada ignorando le esigenze e le problematiche dei dipendenti, ai quali va attribuito gran parte del merito del successo di questa azienda. E’ una scelta che non giova a nessuno: non ai lavoratori; tantomeno ai Soci Investitori, i quali rischiano di trovarsi coinvolti in un conflitto con chi dovrebbe concorrere a difendere e remunerare il loro investimento, chiamato a operare in condizioni sempre più complesse; non ai clienti che, ultimamente, si sono visti aumentare e introdurre inaspettatamente costi per servizi e per affidamenti, non senza lamentele.
E’ uno spettacolo al quale abbiamo già assistito in altre realtà e che sappiamo bene a cosa ha portato. Siamo certi esistano altri modi di intervenire, altri costi che si possano ridurre, mille sprechi che andrebbero eliminati.
Ci auguriamo che la banca decida di ritornare presto sui propri passi altrimenti, dopo aver consultato e informato tutti voi colleghi in apposite assemblee, ci vedremo costretti a dare un altro tipo di risposta.
Anche in Veneto Banca, cari colleghi, è arrivato il momento di alzare la testa e di far sentire la nostra voce.
Vogliamo bene a questa banca e non lasceremo che chicchessia la possa danneggiare perché i manager passano, ma i dipendenti restano!
Montebelluna, 2 gennaio 2013
Dircredito – Fabi – Fiba Cisl – Fisac Cgil – Uilca
ALLEGATO
Comunicato unitario
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