A poche ore dal varo dell’ennesimo maxi decreto legge ( di cui il Consiglio dei Ministri tarda a mettere a disposizione il testo), commento durissimo da parte di CONFCOOPERATIVE: “ violenza istituzionale; attacco al cuore delle Bcc e della cooperazione in generale; profonda delusione; doccia fredda “.
Per Confcooperative un “vulnus sulla non corretta destinazione e gestione del patrimonio intergenerazionale, che nel caso delle Bcc rappresenta il frutto di un lavoro di molte generazioni di soci che si sono adoperati per rafforzare il Credito Cooperativo in 130 anni di storia. Tutto cancellato con un colpo di spugna”.
“Le misure tradiscono le intese, stravolgono e pervertono la soluzione concordata e aprono una falla disastrosa nella tenuta del sistema “.
Morbido e felpato, da banchieri, il commento di FEDERCASSE: “In attesa di conoscere compiutamente l’articolato del provvedimento, preoccupazioni vengono però espresse riguardo alla possibilità di consentire, alle BCC oltre una certa soglia patrimoniale, la cessione dell’attività bancaria ad una Spa con un affrancamento del 20% delle riserve indivisibili. Una previsione che va nel senso contrario rispetto a quello ufficialmente perseguito, in quanto favorisce la frammentazione bancaria e finisce con lo scoraggiare il fare banca con finalità mutualistiche, indebolendo di fatto la “coerenza cooperativa” dell’intero sistema”.
Ieri ci chiedevamo in che misura il decreto del Governo recepisse l’ (auto)riforma proposta da FEDERCASSE, dopo che, come dichiara Confcooperative, “ Abbiamo lavorato per un anno con il Mef e con Bankitalia. Abbiamo superato le divisioni di veduta interne con la logica di rafforzare le BCC, garantendo loro l’autonomia e il presidio sul territorio. Eravamo orgogliosi di questa proposta che avrebbe posto le Banche di Credito Cooperativo Italiane come modello per le altre banche in Europa”.
Oggi apprendiamo quale è il punto di frizione, che non sottovalutiamo.
Il decreto prevederebbe che “la Bcc che non intende aderire ad un gruppo bancario, può farlo a condizione che abbia riserve di una entità consistente (almeno 200 milioni) e versi un’imposta straordinaria del 20 per cento sulle stesse riserve. Non può però continuare ad operare come banca di credito cooperativo e deve deliberare la sua trasformazione in spa. In alternativa è prevista la liquidazione”.
In pratica, se hai riserve per almeno 200 milioni, paghi al fisco il 20% e sei libero di andartene, trasformandoti in società per azioni, in barba al fatto che hai accumulato riserve grazie a generazioni di soci.
Una sorpresa per il Movimento, la cui coesione si è nel tempo affievolita, e nel contempo un “impulso” da parte del Governo verso la concentrazione dimensionale, orientando chi se lo può permettere verso il modello privilegiato, quello della S.p.A., con un ritorno anche per il fisco.
Nelle linee guida dell’intervento del Governo leggiamo “ l’unità del sistema per accrescere la competitività e la stabilità nel medio-lungo periodo” .
Non ci pare che l’unità del sistema ne esca rafforzata. Verificheremo gli effetti sulla competitività e stabilità.
Per FEDERCASSE “ Particolare rilievo, nel decreto legge governativo, hanno ….. il mantenimento del principio di autonomia e di mutualità delle singole BCC; la previsione della costituzione di un Gruppo Bancario Cooperativo con una dotazione patrimoniale di almeno 1 miliardo; la definizione di “patti di coesione” atti a regolare, secondo un principio di meritevolezza, il rapporto tra BCC e Gruppo Bancario Cooperativo “.
Prima di esprimere un giudizio, vorremmo leggere il testo del decreto legge.
Ma le nostre riserve restano forti sull’impianto di quella che Federcasse definisce la “proposta presentata, sin dalla scorsa estate, alle Autorità dal Credito Cooperativo italiano “.
Il progetto di autoriforma presentato da Federcasse è incentrato sulla costituzione di una holding capogruppo unica delle Bcc.
Un cambiamento radicale (più o meno: cedi sovranità in cambio di sostegno patrimoniale) ma che potrebbe non cambiare nulla sul versante delle sinergie, dell’efficienza, dei costi e dei ricavi.
Tanto più che non si ha notizia di piani d’impresa a livello di sistema e tantomeno di veri piani industriali.
Finora di concreto abbiamo registrato soltanto la richiesta di cancellare o sospendere parti del CCNL per finanziare le riduzioni di organici, a prescindere.
Nessuna garanzia che l’ accentramento nella S.p.A. capogruppo dell’attività di direzione e di coordinamento sulle BCC non riproduca moltiplicandoli i limiti registrati nei governi societari, anche se il Governo indica fra le linee guida dell’intervento riformatore “ migliorare la qualità della governance e semplificare l’organizzazione interna” e “assicurare una più efficiente allocazione delle risorse all’interno del sistema “.
Non sono infondate le provocazioni di chi paventa che “ carenze di governance del credito cooperativo, non solo non saranno eliminate, ma saranno addirittura accentuate grazie al collaudato sistema clientelare e della attribuzione di poltrone”.
Ma ammettiamo di non conoscere i termini dei ‘’contratti di coesione’’ , con la disciplina e poteri della capogruppo sulla singola banca, salvo il principio che “ i poteri saranno più o meno stringenti a seconda del grado di rischiosità della singola banca misurato sulla base di parametri oggettivamente individuati”.
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Il Governo a sua volta ritiene che “la riforma delle BCC consentirà di superare le criticità che presenta la vigente disciplina del settore: debolezze strutturali derivanti dal modello di attività, particolarmente esposto all’andamento dell’economia del territorio di riferimento, ed anche dagli assetti organizzativi e dalla dimensione ridotta. Allo stesso tempo viene confermato il valore del modello cooperativo per il settore bancario e rimane il principio del voto capitario”.
Le BCC, come è noto , sono società cooperativa per azioni a responsabilità limitata, cooperative a mutualità prevalente, esercitano il credito prevalentemente a favore dei soci.
Il tratto distintivo è il principio di mutualità, prima ancora dell’essere banca del territorio, banca locale.
Nel bene e nel male, una esperienza di democrazia economica, necessariamente diversa dalle S.p.A. e dalle stesse popolari.
Il Governo annovera fra le linee guida dell’intervento riformatore “ consentire il tempestivo reperimento di capitale in caso di tensioni patrimoniali, anche attraverso l’accesso di capitali esterni al mondo cooperativo”.
Probabilmente, la ragione più cogente dell’intervento, data l’erosione provocata dalla crisi economica, da criticità gestionali e strategiche e, secondo noi, dalla sottovalutazione da parte del Movimento della necessità di rafforzare coesione e sinergie, quando la contingenza economica avrebbero consentito innovazioni indolori in tutti i campi.
Leggendo il comunicato del Governo apprendiamo che il decreto ,“al fine di favorire la patrimonializzazione delle singole BCC”, eleva il limite massimo dell’investimento in azioni ( oggi 50 mila euro ) e il numero minimo dei soci ( oggi 200 ). Ma la capogruppo potrà sottoscrivere azioni di finanziamento per contribuire al rafforzamento patrimoniale delle BCC, anche in situazioni diverse dall’inadeguatezza patrimoniale o dall’amministrazione straordinaria.
Finalità dichiarata e strumenti non sono necessariamente correlati e coerenti ma su questo sarà necessario leggere cosa effettivamente il Governo ha scritto nel decreto legge, anche per verificare che il risultato finale non sia, pure mantenendo per il momento il voto capitario, l’accentramento della proprietà della BCC e lo snaturamento dei caratteri mutualistici.
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Per l’attuazione della riforma ( 18 mesi dal decreto) ci vorrà altro tempo, troppo, soprattutto se consideriamo i 12 mesi già trascorsi per preparare le linee guide dell’(auto)riforma.
A quando il secondo tempo dell’ (auto ) riforma, un vero piano strategico di sistema e il conseguente piano industriale ?
E’ ora di riprendere in modo serrato il confronto per il rinnovo dei CCNL, partendo proprio dalla condivisione ( tempi, modi e strumenti ) che tutte le fasi di attuazione della riforma saranno precedute da specifici confronti negoziali fra le Parti nazionali finalizzati ad accordi preventivi sulle ricadute per i 37.000 lavoratori del Credito cooperativo.
Roma, 11 febbraio 2016
Il Coordinamento Nazionale Fisac Cgil Credito Cooperativo ( Cervone – Petrolini )
ALLEGATO
Credito Cooperativo: Fu vera – auto – riforma ?