NO ALLA FUSIONE TRA VENETO BANCA E POPOLARE DI VICENZA: LO DICE LA CGIL DEL VENETO CHE CHIEDE UN INTERVENTO DI GOVERNO E REGIONE PER TUTELARE LAVORATORI E PICCOLI RISPARMIATORI
Questa la dichiarazione di Elena Di Gregorio, Segretaria Generale della Cgil del Veneto, e di Chiara Canton, Segretaria Generale della Fisac Cgil (sindacato bancari) del Veneto
“Al di là delle responsabilità di gestione che hanno riguardato le due popolari, di tutte le omissioni che ci sono state negli anni e della scarsa vigilanza da parte degli organi preposti, è necessario che il governo centrale e le istituzioni regionali abbiano come obiettivo la messa in sicurezza del sistema bancario veneto e nazionale.
Bisogna quindi uscire dai facili elementi di propaganda come quelli usati da molti politici locali a partire dal presidente della giunta regionale, Luca Zaia, che invece di partire dalla necessità di nuovi assetti funzionali ad un rapporto tra credito, territorio, imprese, cittadini e risparmiatori, hanno aperto una “saga” tutta localistica sulla ”grande banca del Veneto”.
Fisac Cgil e Cgil del Veneto ribadiscono la loro contrarietà all’ipotesi di una fusione tra banca popolare di Vicenza e Veneto Banca, che oltre non risolvere i problemi del credito rischierebbe di generare pesanti conseguenze su tutto il sistema.
Per tutelare l’occupazione e rilanciare una finanza che sia realmente a sostegno del sistema produttivo, sono necessarie una nuova governance in grado di affrontare l’attuale situazione di crisi e un’assunzione di responsabilità anche da parte del sistema imprenditoriale regionale, che deve fare i conti in maniera più rigorosa con un passato in cui ha partecipato in maniera fondamentale al sistema fallimentare che ha portato alla situazione odierna. Solo così potrà esserci la certezza che non si ripetano situazioni come quelle che stiamo vivendo.
Siamo consapevoli che quella degli istituti veneti non è una situazione eccezionale, che tutto il sistema è sotto pressione. Anche per questo riteniamo che vada tolto dal campo ogni elemento di localismo e regionalismo che, come è evidente, non garantisce da fenomeni degenerativi delle modalità di sostegno al sistema produttivo e dell’erogazione del credito.
Serve invece una cabina di regia regionale, che veda partecipi i soggetti istituzionali e sociali per monitorare l’evoluzione della risposta a questa crisi e per mettere in garanzia le lavoratrici e i lavoratori del settore, sui quali vengono ingiustamente scaricate le responsabilità di scelte gestionali (sbagliate) del management.
Senza indulgere nella retorica, crisi di sistema o crisi di questa dimensione possono e, per noi, devono, essere un’occasione per ripensare un sistema di relazioni tra sistema creditizio, erogazione del credito, sistema delle imprese, famiglie e lavoro, in una dimensione più democratica e funzionale per garantire e sostenere lo sviluppo”.
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