Un anno fa la ministra delle Pari Opportunità e della Famiglia Elena Bonetti ha lanciato un progetto a favore delle donne che hanno subito violenza di genere che oggi è divenuto realtà: un fondo con un versamento iniziale da parte dello Stato di 3 milioni di euro che servirà ad alimentare il cosiddetto “microcredito di libertà”. La dotazione del fondo può essere incrementata, su base volontaria, dagli intermediari aderenti al progetto o da altri soggetti pubblici e privati.
Per l’utilizzo di questa somma Federcasse (l’associazione nazionale delle banche di credito cooperativo e casse rurali ed artigiane), ABI (associazione bancaria italiana), Caritas italiana ed Ente nazionale per il microcredito hanno sottoscritto un protocollo d’intesa che definisce le linee guida da adottare, sulle orme del funzionamento del già utilizzato microcredito sociale: un piccolo prestito a cui possono accedere soggetti che non hanno le caratteristiche per ottenere un finanziamento bancario.
Le modalità di utilizzo sono due: il microcredito “imprenditoriale”, garantito dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese nella misura massima prevista dalla legge (che a oggi è il 90%) e il microcredito “sociale” garantito invece al 100% dal Fondo di garanzia, quindi lo Stato.
La prima fase verrà gestita dai centri antiviolenza che selezioneranno le richieste pervenute dalle donne che si rivolgono alle loro strutture e le affideranno a dei tutor specializzati iscritti nell’elenco nazionale obbligatorio dell’ente per il microcredito oppure individuati dalla Caritas italiana. Il tutor affiancherà le donne nell’istruzione della pratica presso l’intermediario finanziario scelto e le seguirà per tutta la fase di ammortamento del finanziamento.
Gli intermediari aderenti al progetto dovranno valutare la pratica istruita e provvedere alla concessione del finanziamento, previa però autonoma valutazione del merito creditizio della richiedente.
L’adesione dei vari istituti di credito e intermediari finanziari avviene tramite la compilazione dell’apposito modulo che deve essere poi trasmesso al Dipartimento per le Pari Opportunità e, per conoscenza, ad ABI e Federcasse.
Il testo del protocollo e il modulo di adesione sono reperibili sul sito di ABI.
Rachele Berto
Coordinatrice Fisac Donne Veneto