Noi siamo la Cura
Il Covid ha reso inevitabile affrontare problematiche finora minimizzate o rimosse come l’inquinamento del pianeta, le contraddizioni provocate dal modello economico del neoliberismo, le ingiustizie sociali.
Il Covid ha ri-disvelato tutta l’arretratezza anche culturale del nostro Paese e la persistenza di pregiudizi e stereotipi. Le diseguaglianze di genere, di generazioni, di territorio sono esplose con il Covid ma erano già esistenti nel nostro Paese, fanalino di coda in Europa in molti campi compreso quello della partecipazione delle donne alla vita politica, sociale e lavorativa.
Per uscire da questa crisi globale è necessario partire da un’altra visione, ragionare con un’ottica a lungo termine, fare scelte coraggiose e di prospettiva per il futuro.
E’opportuno ripensare a un nuovo modello di sviluppo che preveda anche un nuovo modello di relazione tra i generi,meno patriarcale, più paritario e più giusto.
Le politiche neoliberiste hanno fallito, stanno provocando la distruzione del pianeta; l’inquinamento ha effetti sempre più catastrofici sull’ambiente. Lo sfruttamento selvaggio delle risorse della terra, delle specie animali, degli esseri umani va interrotto. È urgente compiere azioni che mirino alla sostenibilità ambientale e alla Cura del nostro Pianeta.
Sono ormai intollerabili le disuguaglianze e va contrastato lo smantellamento progressivo dei sistemi pubblici di protezione sociale e di tutela dei diritti del lavoro.
Il Covid ha reso evidente non solo la vulnerabilità dei corpi e il limite della capacità del sistema sanitario di fronteggiare tale grave emergenza, ma ha anche modificato il rapporto tra tempi di vita e tempi di lavoro e reso difficili le relazioni interpersonali.
Da un punto di vista sanitario, stiamo pagando la scelta perpetrata negli anni di diminuire le risorse stanziate per il settore pubblico, favorendo così quello privato.
Dobbiamo impegnare le istituzioni a restituire le risorse al settore pubblico che negli ultimi due decenni sono state erose.
L’emergenza sanitaria ha fatto passare in secondo piano le guerre in corso in molte parti del mondo, tra cui anche l’Afganistan, le rivolte contro le dittature e le stragi per reprimerle, le lotte delle donne per le libertà negate dai regimi autoritari.
I richiedenti asilo sono dimenticati; chi fugge dalle guerre e dalla miseria è respinto o trattenuto alle frontiere dell’Europa in situazioni disumane e molti migranti muoiono prima di essere accolti.
Le donne sono fra i soggetti più colpiti dagli effetti della pandemia, sono state caricate di mansioni di assistenza, ancora una volta omettendo di affrontare i temi della condivisione e della conciliazione del lavoro di cura e del lavoro produttivo. Lo smart working, non contrattato, è diventato una grande trappola per molte donne alle quali, nei fatti, si è chiesto contemporaneamente di lavorare, badare ai figli e agli anziani conviventi e occuparsi delle faccende domestiche.
Le scelte introdotte durante il lockdown hanno prodotto un aumento della fatica per le donne: molte, impiegate nei servizi, nell’assistenza e nel commercio, hanno continuato a lavorare in presenza, a prendere i mezzi pubblici, per consentire a tutti gli altri di rispettare i lockdown. Tante donne hanno perso il lavoro e molte si sono dimesse. Oggi il rapporto tra assunzioni e cessazioni sta migliorando ma si tratta per lo più di lavori a termine e di tipo precario, spesso a part time “involontario”, quindi subito e non scelto. Permane un’insopportabile differenza retributiva, di carriera, di percorsi professionali e quindi di pensione tra uomini e donne.
Serve una svolta di civiltà, un cambio di paradigma.
Vogliamo cambiare la prospettiva con cui si guarda al mondo.
Vogliamo una società e delle comunità solidali, mettere fine ai modelli basati sullo sfruttamento per sostituirli con altri fondati sulla cura e sulla difesa del pianeta.
Vogliamo avviare la “rivoluzione della cura”, in altre parole sostituire un sistema basato sulle prestazioni con una società fondata sulle relazioni.
Vogliamo affermare una diversa posizione politico e culturale, volta a ricostruire i legami sociali, per attuare un’idea di politica e di giustizia basata sull’interdipendenza, disegnando un nuovo modo di stare nel mondo.
Dobbiamo fare appello ai Parlamentari vicentini e coinvolgere gli amministratori del nostro territorio al fine di trovare anche nel PNRR parte delle risorse da destinare alla “rivoluzione della cura”.
Noi, Donne Vicentine per la Cura sosteniamo invece la necessità di imprimere una svolta netta, di assumere delle scelte radicali: una diversa gestione della salute, nuovi modelli per far fronte alle problematiche delle diverse fasi del ciclo di vita, nuovi modi di gestione delle risorse del pianeta.
Pensiamo che:
- si debba agire con una logica non residuale bensì proponendo progetti riformatori di grande respiro
- si debba agire con concretezza ed efficienza usando le risorse europee in modo da garantire che gli impegni non restino soltanto sulla carta
- si debbano attuare progetti precisi per riequilibrare la disparità di genere e cambiare sia la cultura sia il modello sociale che la sostiene
Chiediamo che le riforme riguardino:
- il rilancio delle politiche sociali e sanitarie garantendo i livelli essenziali di assistenza, cura e tutela
- la ridefinizione del modello di produzione che ridia autorità e garanzie alle lavoratrici e ai lavoratori anche attraverso le loro rappresentanze
- le politiche per la riduzione delle disuguaglianze
- il rispetto per i tempi di vita con la realizzazione di un efficace equilibrio tra la sfera privata e quella lavorativa
- la realizzazione della pari dignità di tutte e di tutti
In particolare, chiediamo:
Rispetto all’ambito sociosanitario
- Il rilancio del Welfare e della Sanità pubblica mettendo in atto una politica sociale che sappia rispondere ai bisogni che accompagnano il ciclo vitale delle persone, combatta il disagio e le diseguaglianze sociali e una politica sanitaria che proponga la Salute come bene universale non mercificabile, gratuito e partecipato.
Rispetto all’ambito lavorativo
- La realizzazione di un grande piano nazionale contro la precarietà, modificando le attuali regole del mercato del lavoro, garantendo che all’occupazione stabile corrisponda sempre una lavoratrice stabile e non con false partita IVA o con altre tipologie di lavoro di tipo precario;
- Il controllo di ogni forma di abuso nell’utilizzo del part time come “obbligatorio” e dello smart working come strumento di flessibilità governata solo dall’impresa;
- L’impiego di ammortizzatori sociali che garantiscano tutti i tipi e forme di lavoro;
- L’istituzione di un sostegno economico indirizzato alle donne che consenta loro di
- trovare una occupazione stabile finalizzata alla piena realizzazione di sé, della propria identità, indipendenza e libertà.
- La realizzazione di un efficace accesso al lavoro e il suo costante sviluppo e arricchimento attraverso percorsi di formazione continua, di riqualificazione e di ricollocazione lavorativa anche in caso di crisi aziendali e perdita dell’impiego.
Rispetto alla parità di genere
- L’esplicazione degli obiettivi del tasso di occupazione femminile: di quanto si vuole aumentare l’occupazione delle donne ed entro quando?
- Il reale aumento dei posti di lavoro per le donne, attraverso il potenziamento del welfare e della PA (ambiti dove è prevalente l’occupazione femminile);
- La garanzia di un‘equa rappresentanza di genere per ogni progetto e per tutte le politiche attuate oltre ad un monitoraggio e una valutazione prima e dopo rispetto alla ricaduta in termini di occupazione femminile e alle realizzate tipologie di lavoro, sicuro e di qualità;
Rispetto alla Salute delle donne.
- L’attuazione effettiva della legge 194 in modo da garantire che la scelta di essere madre possa essere autodeterminata, libera e responsabile anche attraverso una gestione attenta e delicata nei casi d’interruzione di gravidanza, senza scappatoie antiabortiste.
- Il rilancio dei Consultori come luoghi, ispirati alla medicina di genere, in cui siano approntati spazi per favorire la conoscenza e la cura della vita sessuale, affettiva e generativa delle donne di tutte le età e in cui siano programmati progetti, rivolti anche alle scuole, sull’affettività e il rispetto per l’altro.
Rispetto alla lotta contro la Violenza di genere
- La realizzazione di concrete politiche di prevenzione della violenza di genere
- Il potenziamento di progetti educativi nelle scuole che introducano al rispetto di genere e delle differenze contro gli stereotipi culturali;
- L’adozione di soluzioni coordinate e multi-istituzionali che coinvolgano e valorizzino i Centri Antiviolenza e le Case Rifugio per garantire la tutela di tutte le donne e i bambini che ne sono vittime;
- L’attuazione di una programmazione pluriennale dei fondi basata sull’analisi
- periodica dei bisogni e dei costi territoriali, favorendo lo snellimento dei procedimenti amministrativi e la liquidazione tempestiva degli stessi
- L’aggiornamento dei dati sui femminicidi pubblicati da diverse fonti d’informazione che risultano discordanti, dal momento che non tutti i femminicidi vengono registrati come tali, ma vengono differenziati, come nel caso delle transfeministe spesso registrati come omicidi, o dei minori e nei casi di omicidio suicidio.
Come ci ha insegnato il Covid, è necessaria una svolta radicale.
Ma non sarà possibile senza l’apporto delle donne.
Per questo sono necessari il pensiero, la forza, la mobilitazione e la lotta delle donne.
Per questo invitiamo le donne di Vicenza ad unirsi a noi qui in Piazza il 25 settembre.
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