Focus mercato Corporate e operatività di rete,
ovvero il difficile compito di trovare un equilibrio fra redditività e rischi in assenza di un chiaro e complessivo disegno aziendale
In questo ultimo biennio si sono rapidamente succeduti eventi – a tutti noti – che hanno coinvolto la nostra Banca sia in quanto parte di un tessuto economico-sociale colpito dalla pandemia Covid19, sia in quanto oggetto diretto di trattative su potenziali aggregazioni.
Tali eventi – la cui durata ed i cui effetti non sono certo esauriti – hanno conquistato le luci della ribalta, rischiando di far passare sottotraccia alcune rilevanti modifiche nel modo di lavorare della Rete, che hanno inciso e stanno incidendo sul mercato Corporate, al quale è in particolare dedicato questo breve focus.
Lato credito, l’esigenza – da tutti peraltro condivisa – di un sempre maggior presidio del rischio, ha determinato la necessità di maggiori approfondimenti in sede di analisi del rischio stesso, integrando il quadro dei “credit standard” con nuovi strumenti in materia di analisi prospettica / business plan, disciplinandone le casistiche di opportunità ed obbligatorietà in fase di predisposizione di PEF.
L’esigenza di rafforzare il presidio del rischio credito non si è esaurita in un maggior approfondimento in fase di analisi, ma anche nella moltiplicazione di tali momenti nell’ambito delle varie iniziative Crash Program e la prassi ormai piuttosto diffusa di anticipare le revisioni annuali interne creando più momenti di analisi nel corso dell’anno, che vanno ad affiancare gli strumenti di monitoraggio del credito già presenti.
Tali iniziative, senz’altro condivisibili in un’ottica di tutela del rischio credito, hanno senza dubbio appesantito tanto il lavoro della Rete Commerciale quanto quello della Rete Crediti dove, nonostante l’intenso lavoro dei colleghi, si assiste ad una dilatazione dei tempi di delibera che appare stridere con la necessità di presidio non solo approfondito, ma anche reattivo ed aggiornato che pare essere alla base di tali iniziative.
La Rete Commerciale, dal canto suo, lungo l’intera filiera, ha fatto e sta facendo il possibile per incorporare un simile livello di analisi all’interno di una sana relazione commerciale con il cliente, cercando di superare la difficoltà che la maggior parte delle imprese trova nel redigere BP pluriennali attendibili in un contesto estremamente mutevole e dove le variabili esogene (basti pensare a titolo di esempio alla dinamica impazzita dei prezzi energetici) rendono veramente arduo delineare scenari futuri, come ben sa – per diretta esperienza – la nostra stessa banca.
In questo quadro è stata recentemente introdotto l’obbligo – nell’ambito di un più vasto programma di compliance – di accentrare la documentazione relativa alla firma delle bilaterali con conseguente necessità di acquisire l’originale cartaceo.
Anche qui siamo di fronte ad un’esigenza condivisa di presidio dei rischi operativi e di adempimenti normativi, ma anche qui pare che lo sforzo si sia esaurito nell’emanazione della normativa e relative modifiche alla procedura WZA0, senza curarsi degli impatti – veramente significativi – che si sarebbero (come si sono) riversati sulla Rete, come dimostrato dalla repentina impennata dell’arretrato documentale.
Diverse erano le modalità con le quali si poteva agire, prima fra tutte il ricercare e predisporre canali digitali alternativi per l’acquisizione delle firme (per esempio accettando lo scambio dei documenti tramite Pec). In subordine ed in attesa del potenziamento digitale si poteva ragionare, se possibile, sull’allungamento dei tempi di validità delle condizioni concesse (sono spesso condizioni reiterate e immutate da tempo), sino ad una razionalizzazione delle scadenze di condizioni diverse sulla stessa posizione, evitando di tornare sullo stesso nominativo più volte in tempi ravvicinati.
La necessità di raccogliere le firme in originale, qualora non trovi la disponibilità della clientela all’invio tramite corriere, costringe inoltre a numerosi spostamenti, con impiego di tempo prezioso distratto da attività più redditizie; un inconveniente ulteriormente aggravato in questo periodo, dalle stesse indicazioni della Banca che richiedono di limitare le trasferte aziendali a “quelle strettamente necessarie per la continuità operativa e/o per specifiche ed improrogabili esigenze della clientela”.
L’ultima breve nota viene riservata alla completezza del corredo documentale come elemento fondante della tutela dei rischi operativi, concetto sul quale vi è ovviamente piena condivisione. In tale direzione è stato fatto molto, ma – va ricordato – caricando la Rete di un enorme lavoro e di gravose responsabilità per sanare una disattenzione pluridecennale che ha attraversato aggregazioni bancarie, evoluzioni di normative e modulistica e fisiologiche operazioni societarie. Una serie di eventi, dunque, che ha comportato per ogni pratica – specie se articolata – il crearsi di una stratificazione di modulistica sulla quale la Rete si è trovata – da sola – a fare un lavoro di certosina verifica per poterne attestare la regolarità. Gran parte del percorso è stato fatto e se osserviamo le carenze documentali evidenziate nelle attuali PEF, la percentuale preponderante è concentrata nell’assenza del rapporto PI, conti EFF e Fant, per il semplice motivo che – a differenza di quanto avviene per il conto ordinario – non esiste in normativa un modello di raccordo da poter acquisire per sanare la carenza. Ciò nonostante in tutte le varie fasi dell’iter di convalida/delibera viene richiesto di sanare prontamente la carenza, laddove l’unico modo per farlo risulta attualmente quello di chiudere i rapporti e riaprirne di nuovi, con tutto quello che ciò comporta in termini di immagine, carico lavorativo e relazione commerciale.
Abbiamo passato rapidamente in rassegna questioni, se vogliamo, di minor cabotaggio, derivanti tutte da
esigenze condivisibili (presidio rischio credito, redditività della relazione, compliance, rischi operativi), ma che si traducono in procedure e applicazioni che paiono ignorare completamente le condizioni di lavoro sul campo, sia in termini di carichi di lavoro che di responsabilità. Pare mancare un “cervello” comune di raccordo e sintesi: tante braccia si muovono ognuna comandata da un proprio cervello.
Ricordiamo che alla Rete spetta, in estrema sintesi ed in prima battuta, il difficile compito di trovare gli equilibri fra redditività commerciale, presidio del rischio credito e dei rischi operativi, gestendo le relazioni in un disegno unitario che bilanci queste tre componenti.
Sarebbe auspicabile che questo sforzo di sintesi fosse riscontrabile anche a livelli più alti, viceversa la recente iniziativa di “riordino” nel Mercato Corporate – che comporterà ennesimi passaggi gestionali di relazioni – appare avulsa da un disegno complessivo ed intellegibile, acuendo la sensazione dell’ennesima azione isolata non ancorata ad un progetto organico ed integrato.
Padova, 11/01/2022
RSA FISAC CGIL MPS AREA NORD EST