ll decreto Investment compact prevede l’abrogazione dell’articolo 30 del Testo unico bancario per le banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi di euro. Sono 10 in Italia le banche popolari coinvolte, tra le quali gli Istituti veneti Popolare di Vicenza e Veneto Banca.
Cancellare l’articolo 10 significa cancellare il voto capitario (ogni socio ha un voto, qualunque sia il numero delle azioni possedute), il tetto dell’ 1% per le partecipazioni dei singoli soci, il numero minimo di soci (pari a 200).
Si tratta di una vera e propria rivoluzione per le banche popolari, che si trasformerebbero in società per azioni, diventando oggetto di offerte speculative e il bersaglio ideale per qualsiasi acquirente estero interessato a entrare nel settore bancario italiano attraverso le reti di sportelli radicate nelle regioni più ricche del Paese. La reazione principale da parte delle stesse banche sarà un’ondata di fusioni/acquisizioni difensive.
Ossia, la conseguenza immediata del decreto è spingere le popolari ad aggregarsi.
I principali analisti sostengono che l’intervento governativo è preoccupante se è teso a convincere le banche a concedere più prestiti (oggi l’ammontare dei crediti deteriorati deriva da eccessivi prestiti passati selezionati in modo insufficiente). Invece, a loro dire, un’inversione del trend macro economico e una stabilizzazione delle regole sul capitale sono la chiave per un recupero dei crediti.
Anche dal mondo politico, imprenditoriale e sindacale si sollevano dubbi e perplessità.
Ci si chiede quali siano i requisiti di necessità, straordinarietà e urgenza per intervenire con un decreto, peraltro in una situazione in cui le funzioni di Capo dello Stato sono svolte dal presidente del Senato.
Si sospetta che l’obiettivo della riforma possa essere quello di agevolare il consolidamento di Monte dei Paschi e Banca Carige.
Si accusa di voler fare un ennesimo regalo alle grandi istituzioni finanziarie multinazionali, che arriverebbero a controllare anche il nostro credito diffuso con effetti ovviamente pesantissimi sulle piccole imprese: perché le piccole e medie imprese e le famiglie italiane hanno trovato, negli ultimi anni di crisi, proprio nella banche popolari e nelle banche di credito cooperativo l’unico canale di approvvigionamento di credito ancora attivo. E lo dimostrano i dati!
L’Associazione Nazionale fra le Banche Popolari, ritiene il d.l. del Governo “gravido di conseguenze negative su risparmio nazionale e su credito famiglie piccole medie imprese… ingiustificato e ingiustificabile…”. Susanna Camusso, Segretaria della CGIL, osserva che “le banche del territorio e cooperative sono quelle che hanno dato un credito piu’ alto al territorio e alle piccole e medie imprese”. Quindi “c’e’ qualche sospetto che oltre all’accanimento verso il mondo del lavoro che abbiamo visto nei provvedimenti sul lavoro ci sia anche nei confronti delle piccole imprese”.
Si rischia, quindi, di distruggere uno dei modelli di credito che nel nostro Paese ha avuto ed ha un ruolo importante nello sviluppo locale e nella tenuta del sistema sociale, indebolendo il legame con il territorio e con le sue componenti civili e sociali. E il Veneto è tra i territori più soggetti a questo rischio!
Se veramente si voleva, come dice il governo, colpire i banchieri, si poteva intervenire sul numero dei consiglieri dei CdA e porre limiti ai loro compensi.
Col pretesto di colpire i banchieri, si colpiscono i bancari
che si ritroveranno coinvolti in forzosi processi di fusione/acquisizione, con forte rischio di tenuta del livello occupazionale del settore. In una fase di rinnovo del CCNL, i lavoratori si troveranno soggetti al ricatto occupazionale che lascerà spazi sempre più ristretti ad una già problematica trattativa. In questo allarmante contesto, il Jobs Act è già pronto per promuovere assunzioni precarie a bassi salari, favorendo anche i licenziamenti collettivi senza più le regole di tutela precedenti.
Il Segretario Generale della Fisac/Cgil Agostino Megale dice “per difendere il settore e l’occupazione Abi e Federcasse, più che fare la ‘guerra’ disdicendo i contratti nazionali e rendendosi indisponibili al loro rinnovo, dovrebbero scendere in campo a difendere il settore e i circa 350 mila occupati, altrimenti, evidenziano miopia e mancanza di visione generale”.
Tra tanti fondati dubbi e legittimi sospetti, vogliamo aggiungere una certezza:
i lavoratori di Veneto Banca hanno oggi un motivo in più per scioperare!
Coordinamento FISAC/Cgil Veneto Banca
ALLEGATO
Abrogazione dell’art. 30 del Testo Unico Bancario per le banche popolari.
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