Appunti di “viaggio” di Désirée Ghiotto – RSA Cassa Risparmio del Veneto
(invitata in rappresentanza della Fisac di Vicenza al Coordinamento Nazionale Donne Fisac/Cgil)
Cervia 25/26/27 novembre 2015
Il coordinamento nazionale donne della Fisac/Cgil é un appuntamento che ogni quattro anni ci ritrova puntuali e attente a quanto accade nel nostro settore ma con uno sguardo profondo rivolto al mondo in cui viviamo.
Sguardo profondo e ampio che ci permette di fotografare, di fermare l’attenzione su quanto accaduto nel corso dei quattro anni, ci fa vedere i risultati dei propositi che ci eravamo prefisse e ci collega con i progetti successivi.
É molto importante mantenere un legame con la storia, con le storie delle donne.
Per questo è stata invitata a Cervia Ornella Ravaglia, responsabile del “Gruppo memoria storica” dell’ANPI Lombardia.
Non ci ha raccontato solo delle battaglie armate che le partigiane hanno combattuto, ma di come siano state trattate, anche dai loro stessi compagni, dopo la liberazione.
Se durante la guerra hanno affrontato ogni tipo di violenza fisica – privazioni, torture, stupri – poi, hanno dovuto sopportare o meglio SUBIRE anche il mancato riconoscimento del ruolo che avevano avuto.
In più occasioni si é parlato di CONTRIBUTO E NON DI PARTECIPAZIONE alla resistenza.
Pensate che alcune Brigate di partigiani non hanno permesso alle donne di sfilare alla Liberazione!!
Si é sminuito il ruolo, non c’è stato il riconoscimento dell’effettiva partecipazione alla conquista della democrazia e della libertà.
Ma le donne hanno saputo gestire questa apparente sconfitta: é diventato un tassello della lotta per l’emancipazione femminile.
Inoltre si deve ricordare che alla fine della guerra le donne hanno dovuto “riconsegnare” il posto di lavoro agli uomini rientrati dal fronte, ma é diventato un altro fatto che ha rafforzato la coscienza di se.
Iniziano le battaglie per i diritti civili che poi verranno sanciti dalla Costituzione.
Tra questi quello sulla parità salariale che ancora sappiamo non essere reale, e il diritto di sciopero.
Il comune denominatore delle donne partigiane é stato una forte aderenza alla vita quotidiana, ma sempre orientate alla libertà e alla pace.
Ornella Ravaglia ci ha riportato una breve testimonianza di una di loro che ho trascritto, spero, in modo completo:
“Fu quello un tempo meraviglioso per le donne, i loro gesti semplici diventavano straordinaria sapienza perché gli uomini scoprivano il valore quotidiano della vita, dimenticando temporaneamente la loro superbia virile.
Mano a mano che loro intendevano la sacra necessità del cibo, del vestito, del riposo ritrovato, le donne entravano nel senso della libertà e della giustizia, nel mondo delle idee morali.”
Sempre nel mondo ci sono donne, armate, che difendono la libertà: il pensiero corre alle soldatesse curde che hanno difeso Kobane…
La relazione del Direttivo uscente la trovate pubblicata nel sito Nazionale Fisac (vedi link sotto).
Sempre sul sito trovate l’intervento di Chiara Canton, nostra Segretaria Regionale, sul GENDER (vedi link “Attacco al gender”)
Vi invito a leggerlo e anche a rileggerlo perché a me, questo tema sta proprio a cuore anzi, mi fa inc….re: non posso credere che ci siano genitori, persone che agiscono in modo così omofobo e ignorante.
Riporto una parte dell’intervista apparsa su “Il fatto quotidiano” a fine novembre a Michela Marzano autrice di “Mamma, papà e Gender” (pure da leggere libro e intervista)
“….Per affrontare l’argomento, Marzano denuncia in primo luogo le contraddizioni insite nel discorso messo in campo dal fronte contrario, che si configura sempre più come realtà omofoba. La prima, tra tutte: se siamo d’accordo sulla fine delle discriminazioni, dobbiamo porre le diverse sessualità sullo stesso piano. Ne consegue che cade di per sé l’obiezione sul fatto che si vuole sdoganare l’omosessualità: «Lottare contro le discriminazioni» si legge nel libro «significa innanzi tutto smetterla di pensare che esista un orientamento sessuale “buono” e un orientamento sessuale “cattivo”». Le sessualità non normative, in altri termini, non vanno “sdoganate”: più semplicemente, vanno riconosciute.”
Altro intervento che considero interessante, quello di Laura Terruso di Unicredit su:
“Violenza e pari opportunità”. Sono entrambi aspetti culturali.
L’aspetto della violenza di genere all’interno dell’azienda é complesso.
Non si parla magari di violenza “fisica” ma é opportuno discutere con l’azienda al fine di operare un cambiamento culturale. Evidentemente é un tipo di violenza che è più linguistica e psicologica. C’è un contrasto netto tra le politiche di genere attive, che sottolineano risultati positivi, e il fatto che le ristrutturazioni aziendali producono disagi prima di tutto in termini di organici. Stanno tornando problemi di relazione tra colleghi: l’inasprimento dei carichi di lavoro, le mancate assunzioni, fanno si che aumentino le difficoltà di relazione tra colleghi, tra uomini e donne. Situazioni che prima erano protette in quanto più delicate e fragili sono a volte male tollerate. E molto spesso le più deboli sono le donne.
In un corso per sindacalisti sul disagio sociale, organizzato con l’azienda, é stato inserito uno sguardo di genere (se ricordo bene proprio su indicazione Fisac).
È un progetto a mio avviso interessante, da valutare come proposta anche nel nostro ambito a Vicenza.
L’intervento di Sonia Ragno, coordinatrice delle Donne Fisac del Veneto neo eletta al posto di Maria Ruggeri, ha riportato la voce dell’assemblea regionale del nostro Coordinamento.
“Diritti non privilegi”: Sonia pone l’accento sulla convinzione che molte azioni delle varie controparti, sia aziende che governo, nascano da un diverso modo di guardare ai diritti.
É una chiave di lettura che spesso coincide con quella della nostra società che sembra essere vittima di un arretramento culturale e sociale generalizzato.
Le ultime decisioni del Governo sono state indicate come “indispensabili” alla ripresa del Paese (Job-Act, legge di stabilità, i soliti tagli allo stato sociale…). E quando mai non viene invocata “la ripresa”?
In tutti i settori, compreso il nostro, la contrattazione ha assunto un carattere di difesa.
Si é reso necessario salvaguardare prima di tutto i posti di lavoro: priorità anche per le organizzazioni sindacali.
Cosi l’individualismo trova terreno fertile: non c’è più tutto per tutti.
Quindi i DIRITTI VENGONO SCAMBIATI PER PRIVILEGI, addirittura vengono considerati un ostacolo da chi non li ha.
Viviamo anche la modificazione del concetto di “TEMPO” .
Il rapido sviluppo della tecnologia oggi non é una variabile gestibile dal lavoratore.
Vediamo dissolversi i confini tra tempi di vita e lavoro e svanisce la divisione tra vita lavorativa e vita sociale, tra vita lavorativa e vita personale.
Così diventiamo altro da noi, perdiamo la nostra identità che é unica.
In questo decennio poi, la mancanza o la riduzione del sostegno reale alle famiglie (asili – scuola – anziani – mancanza di lavoro), riporta le donne a ricoprire quel ruolo di “assistenza” antico che ci é assicurato da sempre!
E chi ce lo tocca dico io?!
Ritorniamo ad essere spesso l’unico punto di riferimento per soddisfare i bisogni assistenziali.
Parliamo poi di “differenze di genere” che sono sì riconosciute, confermate come opportunità, ma poco considerate.
Nel nostro settore, orientato ad un’attività di tipo prevalentemente commerciale, il parametro che viene privilegiato di più é quello del tempo che si dedica al lavoro.
Ecco si ripresenta la questione del TEMPO!
Ed ecco che le donne sono relegate di nuovo a ruoli più marginali.
Come ho sentito anche in altri interventi, in tutte le Aziende per la maggior parte si viene valutati, considerati, e…promossi in base al TEMPO di permanenza al lavoro.
Ma sul TEMPO ci ritorno più sotto….
Sonia propone di riconsiderare, di rivedere il modo di contrattare la conciliazione.
Qual è la soluzione ideale di conciliazione per le donne, per l’integrazione nel mondo del lavoro? Le nuove forme di conciliazione come lo Smart-working sono veramente “forme di conciliazione” o rischiamo di trovarci escluse dai centri decisionali? Di perdere il senso collettivo di lavoro?
Diverse compagne hanno ripreso i temi che vi ho finora presentato: conciliazione, condivisione, quantità e/o qualità del lavoro, differenze di genere, temi specifici da trattare ad un Coordinamento Donne, ma perché se ne parla in maniera “SEPARATA” anche nelle riunioni aziendali, sindacali?
Perché quando si parla di Part-time … il resto della frase viene coniugato al femminile?
E succede spesso anche per il discorso su diritti Maternità-Paternità.
Scivoliamo su questo stereotipo.
Stereotipo (di genere, ma non solo) altro tema che si cerca in varie occasioni di sviscerare.
Ricopio la definizione dal vocabolario:
– STEREOTIPO: Il termine “stereotipo” deriva dalle parole greche “stereos” (duro, solido…non pensate alla Littizzetto però) e “typos” (impronta,immagine, gruppo), quindi “immagine rigida”
Lo stereotipo è la visione semplificata e largamente condivisa della realtà relativamente ad un luogo, un oggetto, un avvenimento o un gruppo riconoscibile di persone accomunate da certe caratteristiche o qualità. Si tratta di un concetto astratto e schematico … rispecchia talvolta l’opinione di un gruppo sociale riguardo ad altri gruppi. Lo stereotipo (anche quello “positivo”) è una credenza indesiderabile che può essere cambiata tramite l’educazione e/o la familiarizzazione.
Talvolta lo stereotipo è un’inversione di alcune caratteristiche positive possedute dai membri di un gruppo, esagerate al punto da diventare detestabili o ridicole.
Gli stereotipi di genere attribuiscono a noi donne alcune caratteristiche, condizionano moltissimo e in modo sottile, spesso non c’è consapevolezza anche da parte di chi subisce certi comportamenti.
Ne è la prova che le aspirazioni di carriera al femminile definite con il termine “da colletti rosa” siano rivolte maggiormente in ambito Formazione, Risorse Umane, Marketing, e comunque più facilmente conciliabili con il Part-time.
E qui si ritorna al TEMPO. Non posso riportarvi tutto il bellissimo intervento di Eleonora Casara, compagna del nostro Coordinamento, che ci ha riassunto la sua tesi di laurea su Tempo – Spazio. Ci porta a riflettere su quanto ci permette, ci promette oggi la tecnologia: dovremmo avere più spazi per attività extra lavoro. Ma la realtà ci presenta un essere umano che non ha più tempo, che non può perdere tempo. O meglio, il mondo contemporaneo non ha “perduto il TEMPO”, ma la capacità di misuralo e impiegarlo (cfr. Conclusioni della sua tesi in allegato)
Tutti abbiamo cellulare, smartphone, tablet… abbiamo oggi una diversa percezione del tempo che sta alla base di un diffuso malessere sociale: L’AVER FRETTA.
Non raggiungiamo mai una velocità sufficiente per soddisfare le nostre esigenze quotidiane. Abbiamo smarrito il senso dell’alternarsi naturale del giorno e della notte….
Non vi sembra di aver cominciato a leggere in apnea?
Se qualcuno volesse l’intervento integrale di Eleonora posso chiederle di spedircelo.
Un gruppo di compagne, a cui ha partecipato anche Maria Ruggeri, ha eleborato i dati biennali della Legge 125. Questo lavoro ci é già stato inoltrato da Maria ai primi di dicembre e quindi non lo riporto un’altra volta (vedi allegato sotto)
E concludo con l’ultima giornata di Cervia. Ho avuto il piacere di leggere la testimonianza di MB ASSICURATIVA alla manifestazione di Trento
Colpo di fortuna perché l’intervento é stato annullato il giorno precedente … per problemi di TEMPO!
Così Milva é stata ascoltata ancora dal nostro Segretario Generale Megale, da Valeria Fedeli vice-Presidente del Senato, da Loredana Taddei responsabile delle Politiche di genere della CGIL e dalla moderatrice, Rita Querzé giornalista del Corriere della Sera.
Nei loro successivi interventi tutti loro hanno dato voce alle difficoltà che queste donne-lavoratrici-compagne continuano a denunciare con determinazione, rabbia, risolutezza, e sempre con il sorriso.
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Grazie Désy!!!
ALLEGATO
Eleonora Casara: Il tempo e la tecnologia nella vita quotidiana, conclusioni
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