Francesco Iorio abbandona il gruppo Bpvi lasciando una certezza ed un’eredità.
E’ certo che la banca non ha un ancora un piano industriale, e sono passati 18 mesi dallo scoppio della crisi. Di converso ci ritroviamo il famoso padello.
Era il settembre del 2015. L’ex ad si sobbarcava chilometri e chilometri per alimentare i road show della speranza. Illustrava come il gruppo sarebbe dovuto ripartire per “fare un padello così”. Ogni volta che questa parola riecheggia nelle orecchie delle lavoratrici e dei lavoratori scatena un riflesso condizionato in quanti hanno visto annullare gli aumenti tabellari delle Ccnl con il contestato intervento sugli ad personam per il quale torniamo a chiedere il pieno ripristino.
Il risentimento tocca anche quanti, in prossimità del riconoscimento, si sono visti annullare l’avanzamento di carriera per la disdetta della commissione inquadramenti.
Ma c’è ben altra e globale reazione che suscita l’apprendere delle cifre milionarie che hanno giubilato l’operato di Iorio. Cifre superiori a 13.000,00 euro al giorno (per complessivi 7,636 mln per 551 giorni di lavoro) tradiscono il senso di comunità che deve ispirare un’azienda.
E se atti come questo non costituiscono materia di indagine da parte della magistratura, sicuramente non lasciano dubbi su quanto possa essere etica questo tipo di azione. Incrinano il senso di giustizia, capovolgono il criterio di mutualità.
I penalizzanti interventi sulle retribuzioni servono forse a creare la dovuta riserva da riconoscere a chi ha deciso di passare all’incasso?
Per regolare queste faccende non si hanno difficoltà a trovare i soldi, mentre per un importo analogo necessario agli esodi devono pagare i lavoratori?
Cos’è, le lavoratrici ed i lavoratori sono diventato Robin Hood all’incontrario?
Sono legittime domande che rivolgiamo ai vertici dell’istituto nel momento in cui siamo stati riportati al tavolo del confronto per riavviare una trattativa paralizzata da quasi 10 mesi. Non si può archiviare quanto successo negli ultimi giorni derubricandolo a semplice fatto di cronaca finanziaria. Le dimissioni di un amministratore delegato sono un segnale di malessere e come tale giunge anche alla clientela preoccupandola ancor di più. Se si volesse sminuire l’addio di Iorio si andrebbe a vanificare il senso della parola sacrificio. Per farlo bisogna credere fieramente a qualcosa.
I difficili giorni che stiamo vivendo sono caratterizzati dall’operosità dell’azienda che chiede sacrifici e pretende di chiudere in fretta e furia una contrattazione della quale ci sono soltanto i titoli. Lunedì scorso secondo ed interlocutorio incontro. 30 minuti in tutto. 12 dedicati alle dimissioni di Iorio, 18 per avere illustrati alcuni punti dell’informativa. Ci è stato sostanzialmente fornito un quadro senza figure ma con ampi spazi tratteggiati che dovranno essere riempiti.
Noi ci riserviamo il diritto di scegliere i colori.
E lo faremo quando avremo ben compreso la funzionalità di questa azione. Almeno dalla prospettiva di Banca Nuova che, lo scorso 2 dicembre, ha visto rinnovato il consiglio di amministrazione con una scelta che sa tanto di commissariamento.
Anche questa decisione della proprietà di optare per figure interne, che hanno un mandato al 2018, a cosa è funzionale?
Per parte nostra continueremo a chiederlo nel tentativo di alzare il velo su Banca Nuova ora che il quadro in capogruppo si ricompone con l’arrivo del nuovo amministratore delegato Fabrizio Viola.
Una svolta è dovuta alle lavoratrici ed ai lavoratori di Banca Nuova che a testa alta continuano ad assolvere al loro ruolo esercitandolo tra mille difficoltà interne ed esterne. Senza una prospettiva credibile si rischia di rimanere spiaggiati. E noi questo rischio non vogliamo correrlo.
E’ arrivato il momento di comprendere che una realtà bancaria come la nostra è strategica per l’assetto economico di due regioni. I 700 posti di lavoro di chi vi è direttamente impegnato, uniti a quelli di Servizi bancari, Prestinuova e Immobiliare Stampa, operanti in Sicilia sono irrinunciabili quanto sostenibili se seriamente si attribuisce a queste realtà il valore che esse meritano.
E’ arrivato il momento che anche le istituzioni e la politica della Regione Sicilia e della Calabria inizino a comprendere la portata della questione. Qui non c’è in ballo la sola difesa del lavoro, che non è affatto una cosa secondaria, ma la protezione di un sistema economico regionale notoriamente fragile che, in quanto tale, non può permettersi di perdere posti di lavoro perché, purtroppo, non sa generarli.
Se Banca Nuova rimane nel limbo diventa un gorgo che può risucchiare pure le aziende assistite sul territorio con ricadute imprevedibili sugli stessi lavoratori delle imprese assistite. Ecco perché spingiamo per una soluzione che non sia la lenta chiusura delle filiali, atto che svilisce il valore di una realtà bancaria capace di saper stare sul mercato.
Nei momento di grande risonanza mediatica di BPVi i competitori hanno attaccato Banca Nuova da più fronti. I colleghi hanno strenuamente difeso e continuano a difendere raccolta e clientela.
Lo hanno fatto, e continuano a farlo ogni giorno, mettendoci tutte le energie che avevano ed hanno, senza peraltro che il management abbia fornito alcun strumento di supporto.
Le analisi dei flussi non possono prescindere da questa considerazione.
Chi ci richiama rimproverando l’arretramento ha mai pensato a quanto sarebbe stata infinitamente più grande la dipartita dei clienti se questi non fossero stati trattenuti solo dalla professionalità e dalle relazioni personali delle Lavoratrici e dei Lavoratori?
Cari signori vi lasciamo con questo dubbio sperando che quanto meno vi sfiori .
Rimaniamo fiduciosi nell’attendere i dovuti segnali da un sasso lanciato nello stagno.
07/12/2016
LE SEGRETERIE DI COORDINAMENTO AZIENDALE
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UNISIN
ALLEGATO
Gruppo Banca Popolare di Vicenza: un sasso gettato nello stagno ….
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